By Fulvia Caprara
Nelle Lanche alla ricerca dei "trifolai" e dei loro secugi "Osservarne i ritmi è tornare indietro nel tempo"
C'era una volta, nei boschi dell'Italia nord-occidentale, un gruppo di uomini che avevano dedicato l'esistenza alla ricerca di una specie rara e pregiatissima, il tartufo d'Alba, capace di resistere a qualunque tentativo di coltivazione modernizzata. Guidati da una cultura segreta tramandata attraverso le generazioni, e dal fiuto speciale dei loro cani, amati e addestrati, quei cacciatori non esprimono solo il fascino di un'antica tradizione, ma indicano, nelle nostre vite dominate dalla tecnica, dalla fretta, dal diradarsi dei contatti umani, un equilibrio da imitare «più lento, più autentico, più in armonia con il paesaggio naturale». Sull'onda del gran successo ottenuto nelle più importanti rassegne americane, dove è stato salutato da critiche estasiate, arriva, evento speciale del prossimo Tff dopo aver preso parte al cartellone del sedicesimo «Zurich Film Festival», il documentario di Michael Dweck e Gregory Kershaw The Truffle Hunters, una favola contemporanea, girata seguendo i ritmi dei protagonisti, di età oscillante tra i 68 e gli 88 anni, e dei loro segugi, Birba, Biri, Fiona, Charlie, Nina, Titina e Yari, citati per nome nelle note informative del film, al pari degli altri personaggi: «Siamo tutti e due ossessionati - spiegano i registi - dal desiderio di trovare luoghi e persone scampati all'appiattimento della globalizzazione, cerchiamo mondi che abbiano scelto di tenere nascosta la loro bellezza. L'enigma del tartufo bianco ci ha spinto in quelle zone e ci ha fatto conoscere uomini anziani, ma giovanissimi nello spirito, abituati a trascorrere giorni e notti battendo i boschi frequentati findabambini».
Richiami che rompono il silenzio delle selve, passi che s'intrecciano su tappeti di foglie dorate, cani che scattano richiamati dal profumo di un cespuglio, distese nevose e poi interni dove si brinda, si discute, si mangia, e infine tavole imbandite dove il tartufo diventa elegante rarità, un gioiello gastronomico, un cibo degli Dei. Nell'andamento di un film ipnotico, immersivo, potente nella sua assoluta semplicità, gli autori hanno trasferito il senso di un'esperienza umana speciale: «Eravamo assoluti outsider e dovevamo guadagnare la fiducia della comunità. Abbiamo trascorso un sacco di tempo con i protagonisti del film, passavano giorni senza che, in apparenza, nulla accadesse e, invece, a poco a poco, mentre osservavamo la loro routine, il modo in cui vivono, gli oggetti che usano, siamo entrati a far parte delle famiglie, abbiamo bevuto un sacco di vino e siamo diventati veramente amici».
Gli eroi del racconto, commentano i registi, «sembrano aver scoperto la fontana dell'eterna giovinezza. La passione per quello che fanno è talmente forte che, anche se, come Carlo, hanno raggiunto età ragguardevoli, non si ammalano, non prendono medicine, passano le giornate camminando e alla fine eravamo noi che facevamo fatica a stargli dietro. Ci ha colpito la loro fisicità, l'abitudine a uscire di notte, con qualunque tempo. Stare accanto a queste persone è stato stupendo».
L'impressione, guardando The Truffle Hunters, distribuito da «SonyPictures», realizzato con la produzione esecutiva di Luca Guadagnino e con il sostegno di «Film Commission Torino Piemonte», è quella di entrare in un passato magico: «Era proprio quello che volevamo - spiega Michael Dweck -, osservare i ritmi dei nostri cacciatori è un modo per rendersi conto dei fallimenti dell'epoca moderna. Vivono in piccoli villaggi isolati, dove il rumore delle auto è raro, non stanno sempre attaccati alla tv e non guardano continuamente i cellulari». Anche i momenti di svago risentono di questa specie di incantesimo temporale: «E' come se fossero rimasti ancorati all'Italia degli Anni 60 - aggiunge Gregory Kershaw -, ascoltano la stessa musica di quando erano ragazzi, lavorano nelle stesse terre in cui sono cresciuti».
La natura, con le mutazioni dell'ecosistema, è l'argomento che più li appassiona: «La ricerca dei tartufi continuerà perché la domanda è ovunque altissima, ma i boschi che li ospitano sono sotto pressione per l'inquinamento agricolo e la deforestazione». In tempi di pandemia TheTruffleHunters ricorda anche che c'è un modo diverso di stare al mondo: «Molti dei nostri amici che vivono a New York stanno decidendo di lasciare la città, alla ricerca di una vita più semplice. Il Covid ha cambiato le prospettive, ci siamo allontanati dalla natura, ma, adesso che il pericolo del contagio ci impedisce di stare vicini, capiamo meglio quanto la comunità vera ci manchi, e quanto possa essere determinante. In Italia esistono ancora posti dove è possibile trovare quel tipo di legami, negli Usa è ormai molto difficile».